Endometriosi e Psicologia

GESTIONE DEL DOLORE

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“Il dolore è ciò che il paziente dice che esso sia
ed esiste ogni qualvolta egli ne affermi l’esistenza”
(Sternbeck, 1974)

Partendo dalla citazione qui sopra, la prima cosa che consiglio sempre ad ogni persona affetta da un qualche tipo di dolore fisico è quella di credere al proprio dolore.
Questo significa credere che se si percepisce del dolore fisico è perchè qualcosa da qualche parte nel corpo non va come deve andare e dunque, approfondire fino a quando non si è totalmente convinti, per cercare di capire e dare una risposta al dolore.

Questo consiglio vale in particolar modo nelle donne affette da endometriosi, soprattutto quelle a cui la diagnosi è arrivata dopo anni di diagnosi errate.
Purtroppo troppo spesso si assiste ad una banalizzazione del dolore presentato di fronte ad una incapacità di darne una corretta spiegazione.
In tutti questi casi, vale sempre la pena cambiare percorso, cambiare medico, cambiare strada per trovare quella giusta, con le risposte corrette.

Specificato quello che è il mio punto di vista, che pongo come un punto di partenza, passiamo a descrivere il dolore tipico dell’endometriosi.

Per prima cosa è necessario distinguere tra dolore acuto e dolore cronico.
Il dolore acuto è un dolore che dura meno di tre mesi e ha uno scopo ben preciso ovvero quello di segnalarci che qualcosa non va e quindi spingerci ad agire per porre un rimedio (una sorta di funzione protettiva). Questo tipo di dolore può far nascere emozioni di ansia ma in senso positivo perché ci stimola ad agire e ad intervenire.
Il dolore cronico è un dolore che dura più di tre mesi e che, dunque, perde la funzione di utilità e di protezione perchè con il passare del tempo va ad interferire con le attività quotidiane della persona e con la sua vita in generale. L’aggettivo cronico non significa che il dolore debba essere presente 24 ore su 24 ma significa che potrà accompagnare la vita della persona in maniera diffusa e costante (con periodi migliori e periodi peggiori) nel corso del tempo. Inoltre il dolore cronico può essere influenzato da fattori esterni: fisici, ambientali, sociali e psicologici.

I dolori provocati da una malattia come l’endometriosi possono essere classificati come dolore cronico.

Il dolore cronico è costituito da tre componenti:

  • Componente fisica e corporea data dalla presenza di una lesione o un danno in un certo punto del proprio corpo (componente di cui si occuperà il medico)
  • Componente psicologica governata da tutte le emozioni connesse al dolore fisico provato (ad esempio paura, ansia, tensione, rabbia)
  • Componente reattiva ovvero la reazione, più o meno spontanea, rispetto alla condizione di dolore in cui ci si trova (ad esempio combattere, farsi sopraffare, isolarsi)

Rispetto a queste componenti, mentre sulla prima interverrà il medico, il chirurgo o l’antidolorifico, sulle altre due è possibile svolgere un lavoro psicologico con l’obiettivo di alleggerirle il più possibile.

In particolare quando parliamo di dolore dal punto di vista psicologico è più corretto fare un cambio concettuale e, dunque passare dall’idea di dolore all’idea di sofferenza.
Anche la domanda da porre a se stessi cambia: si passa dal chiedersi “quanto dolore provo?” alla domanda “quanto sto soffrendo a causa di quel dolore?”.
Il concetto di sofferenza è un concetto su cui l’approccio psicologico può fare molto, andando soprattutto ad intervenire sui ricordi connessi alla sofferenza e sulle emozioni solitamente di ansia e preoccupazione rivolte verso possibili sofferenze del futuro.

Obiettivo della terapia psicologica non sarà mai quella di pretendere un annullamento del dolore (cosa che sarebbe impossibile) ma piuttosto cercare di lavorare sulle componenti emotive che abitualmente vanno ad appesantire il dolore stesso causando un aumento della sofferenza.

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